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venerdì 28 novembre 2014

IL SOTTILE FILO DELL'AMORE

IL SOTTILE FILO DELL'AMORECi siamo conosciuti un venerdì sera di maggio a un happy hour,sapete quei ritrovi pieni di giovani che bevono e non mangiano quasi nulla. Mi trovavo li insieme ad altri amici,chi più giovane,chi più grande di me.Ero andata li per far passare il tempo di una sera,che si annunciava noiosa e lunga,ognuno parlava forte per sovrastare la voce del vicino per farsi sentire. Dalla strada giungeva fino a me,il suono di una chitarra,e la voce che si accompagnava con lo strumento,era timida e in sordina,poi mano a mano che gli occhi di tutti si volgevano verso chi suonava,aumentava di intensità,  come gli altri mi girai anche io,curiosa e turbata da quella specie di nenia, che anche se sconosciuta mi suscitava sopite emozioni. Era una specie di hippy con un gran turbante di capelli in testa,vestito di uno di quei jodhpur indiani,e una casacca che copriva quasi tutto il corpo. Con uno svogliato sguardo mi girai di nuovo verso i miei amici,e ripresi a parlare,ma quella voce a mano a mano che saliva di intensità, diventava sempre più attirante, cristallina,  e non riuscivo a concentrarmi sul discorso intavolato, la mia mente era altrove,cercavo di seguire,e di capire le parole,incomprensibili,che  si intuivano dolci ammalianti dall'intonazione della voce. Mi sentivo completamente avvolta da quell'aria misteriosa ,che mi attirava verso quella musica,io conoscevo quella melodia, ma non le parole,dove avevo già sentito quella nenia incomprensibile e dolce.? Cercavo di andare a ritroso nel tempo,ma nulla che mi tornasse vivido e netto. Eppure io conoscevo quelle dolci parole,quel lamento amoroso che usciva dalla gola di quel ragazzo. Non sembrava uno straniero,era visibilmente di razza bianca e apparentemente, amava i paesi esotici, e l'etnia indiana in particolare era vestito all'orientale ma un tocco moderno,gli occhiali ,mi impedivano di vedere i suoi occhi. Continuavo a girarmi, quasi inconsciamente,mi sentivo attirata da quella voce come un magnete,e anche un pizzico di curiosità, che mi faceva pensare...Sentivo il brusio delle persone,non sentivo più la voce,e quasi delusa, mi staccai dal mio gruppo,mi avvicinai  all'uscita,e mi accorsi che l'hippy stava andando via. Presa da un'impulso improvviso salutai i miei amici,adducendo una scusa, e uscii dal locale,quasi correvo,per raggiungerlo. Sentendo dei passi dietro di me,mi voltai, era lei,sapevo che non avrebbe esitato a seguirmi,dopo aver sentito la nenia indiana che da bambini ci cantava mia madre per farci addormentare. Sapevo chi era, dove abitava,e cosa ancora più bella per me, era sola, non aveva nessuno. Sentivo che aveva corso per raggiungermi,e mi fermai ad aspettarla...Eravamo uno davanti all'altra,non sapevamo cosa dire ,imbarazzati, allora mi tolsi gli occhiali per guardarla meglio,era diventata una splendida donna,slanciata, sempre biondissima, delicata come un fiore. Non so cosa vide nei miei occhi,ma rimase con la bocca aperta,come folgorata, cercando delle risposte nella sua testa che non venivano Io sapevo la sua storia, ma lei non poteva ricordare,erano passati tantissimi anni, da quando era successa la disgrazia,dall'incendio che distrusse la casa paterna,e dove persero la vita i suoi genitori.Io la salvai dalle fiamme,caricandomela sulle spalle,lei aveva due anni, io otto. I suoi genitori erano in India,il padre funzionario al Ministero, la madre insegnante di francese.Persone squisite,che avevano accolto mia madre come balia per la loro piccolina,e le avevano permesso di tenere me vicino,e la nenia che avevo cantato questa sera era quella che cantava per farla addormentare. Ora era davanti a me, e i suoi occhi mi scrutavano da capo a piedi,non aveva risposte da darsi e le chiese a me. Mi chiese con la sua voce, che sentivo per la prima volta dopo tanto tempo dove avevo imparato quella nenia,ed io le raccontai di mia madre, di cosa faceva per vivere,e dove.Ma lei non ebbe nessuna reazione,e rimasi in silenzio,incominciammo a camminare ,fianco a fianco,io felice di averla accanto,lei con i suoi perché insoluti,l'accompagnai  sapevo dove abitava,dalla corrispondenza che mia madre aveva mantenuto con i suoi zii.            Arrivati davanti a  casa sua,mi invitò ad entrare,accettai,non senza però averla prima ammonita di non fare entrare sconosciuti in casa.Restò perplessa, ma perseverò,entrati in casa,mi invito a sedermi, sapevo a cosa andavo  incontro,mi offrì da bere,e mi chiese se volevo mangiare con lei,io docile risposi di si,avevo voglia di sapere di più della sua vita,cosa faceva da grande,cosa era diventata.Mangiando mi interrogò,mille domande, risposi a molte, tacqui a tante,ma lei sembrava che non le bastava, e a ogni domanda si avvicinava sempre di più alla verità. A poco a poco seppe tutto di me e di se,resto in silenzio e poi pronunciò il mio nome"danny" ... Seppi allora che si ricordava di me,per lei ero Danny e basta, per me era la mia piccola bambola vivente, avevo vissuto fino a quel momento per ritrovarla.
Mi invito a restare da lei,rimasi, l'indomani mi recai da un barbiere,mi feci tagliare i capelli,e cambiai abiti,ero un'altro.    
Quando ci incontrammo in centro,non mi riconobbe,mi restò accanto per un momento,senza reazione,infine incomiciai a canticchiare la nostra nenia, di scatto si girò,e mi guardò negli occhi,e vi lesse tutti i sentimenti che avevo accumulato negli anni cercandola.Mi prese per mano e ci incamminammo verso il nostro futuro, insieme.
Un filo amoroso incomincio a legarci ora siamo innamorati e felici.
Rosa Cozzi

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